Storytelling #1: il centro storico

admin   26 Luglio 2014   Commenti disabilitati su Storytelling #1: il centro storico

C’è un posto, nell’estrema periferia di ogni centro storico, in cui lo scenario cambia repentinamente. Una linea, neanche poi troppo sottile, oltrepassata la quale i sampietrini lasciano spazio al bitume (con sollievo evidente per gli arti inferiori, soprattutto femminili…ma a che prezzo? …ndr)  i vicoli diventano viali, le case, “strutture residenziali, le “storie”, quando va bene, diventano cronaca. Al di qua, spesso ci si da del tu, al di là, ci si presenta nelle riunioni di condominio, che già non è una gran premessa per definizione.

Rimanendo rigorosamente al di qua, dunque, cercheremo di visitare il centro storico di Longobucco, perdendoci nell’intricato reticolo di vicoli di uno dei borghi montani più suggestivi della Sila Greca, facendo attenzione però a non disturbare troppo. Già, perché, qui, ancora, la quotidianità si condivide con il dirimpettaio, che spessissimo è anche congiunto, parente, o nella peggiore delle ipotesi, semplicemente,  “u compare”.  Dalla provvista della legna, a quella del pomodoro, dall’essiccazione del pepe alla semplice asciugatura dei vestiti, tutto, anche a causa della particolare architettura, si fa “in comune”. E non è sempre un bene abitare praticamente a fianco di chi sceglie orari particolari ad esempio per scaricare, tagliare, e sistemare la legna per l’inverno… Chiaramente, per i piccoli comuni montani come Longobucco, risulta difficile registrare un taglio netto tra centro storico e centro urbano. E se pur ne cogliessimo le variazioni urbanistiche, paesaggistiche e storiche, stenteremmo sicuramente a carpirne le distonie culturali, personali e sociali. Differenze che (per fortuna aggiungerei…ndr) non esistono. Che in qualche modo il centro storico influenzi la vita sociale della città, attraverso la tutela ed il perpetuarsi di riti e tradizioni, è cosa nota. Applicando quindi il teorema ad un territorio molto ristretto come l’area urbana di Longobucco, è facile notare come effettivamente la “deriva periferica” verso “l’esterno” abbia interessato esclusivamente gli insediamenti abitativi propriamente detti. Non il bagaglio culturale. Vuoi per i quotidiani rapporti con il centro storico, ancora baricentro pulsante e produttivo, vuoi per il forte radicamento delle tradizioni nelle famiglie. A non essere interessato dal movimento centrifugo urbanistico, è stato quel nucleo “storico” custode delle tradizioni, che non ha avuto particolari esigenze di adattamento abitativo. Parliamo cioè dei “nonni”, rimasti, giustamente, nelle proprie case, tante volte unico e solo patrimonio. Patrimonio, successivamente disperso, perché, con l’assenza dei nonni, si “assenteranno” anche gli ultimi inquilini del centro storico, con il conseguente abbandono ed inutilizzo delle abitazioni. Esempi di programmazione e amministrazione lungimirante, in Italia, hanno fatto di tale maledizione, motivo di attrattiva turistica e di rilancio delle realtà interessate. Non solo in termini di ricaduta d’immagine, ma anche a livello di incremento dei flussi turistici e di ritorni economici non indifferenti. Semplicemente, basterebbe incentivare opere di ristrutturazione, all’interno dei centri storici, in modo da invertire il flusso verso la periferia degli insediamenti abitativi, stare al fianco delle attività produttive ancora presenti sul territorio per mantenere viva e popolata la parte storica della città, quella capace di raccontare la lunga storia di un borgo e dei suoi abitanti semplicemente vivendola.

Fagir

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